COSì NON VA, PRETE

C’è un prete che non ha capito niente. Nemmeno il proprio ruolo nella comunità. Un prete che non sa distinguere il bene e il male, che si erge a giudice discriminante, che (forse) in un modo inconscio odia le donne.

Di norma tendo a prendere con cautela le notizie dai media, so che possono essere manovrate e proposte in un certo modo per provocare certe reazioni. Ma questa volta c’è la viva voce dell’interessato a dire, a offendere, senza possibillità di fraintendimento. e ci sono le parole scritte, che non voglio riportare qui in foto, perchè non lo meritano.

Un prete indossa di norma la divisa del perdono, non giudica, ma assolve per intercessone divina, essendo egli stesso per prima cosa un uomo soggetto a errore. Ci si aspetta questo, da un uomo di Dio. Accoglienza, comprensione, parole buone di uguaglianza e fraternità.

Invece c’è un prete che affigge in chiesa il manifesto di un sito discutibile, capace di incolpare le donne di essere violentate e uccise. Dice il manifesto, e il prete condivide, che le donne se le cercano, le violenze. Perchè non si deve uscire con vestiti provocanti, che gli uomini poi sono legittimati a saltar loro addosso; sarebbe meglio non uscire affatto, pensare a stare a casa a cucinare pietanze prelibate e calde ai maritini, che altrimenti, poveracci, disturbati da piatti freddi e improvvisati, poi è logico che si rivolgano altrove. Le donne devono pensare solo a crescere i bambini che altrimenti è solo colpa loro se si sentono abbandonati.

Non per ultimo, se la donna è troppo provocante per forza che scatena la gelosia e l’uomo la picchia e l’ammazza.

Un prete dice questo, approvando quello che qualcun altro sostiene. Altro che comprensione e perdono, carità e misericordia.

Un uomo non fa l’istituzione, o non dovrebbe farla, però la rappresenta e non è una bella figura che la Chiesa guadagna con queste esternazioni.

Non si va avanti, sembra che il tempo sia fermo in un pregiudizio arcaico che non vuole morire.

Se oltre cento donne sono morte solo in quest’anno che si sta spegnendo, è colpa loro. Perchè hanno voluto lasciare un compagno che le maltrattava, o di cui semplicemente non condivivdevano più il percorso, o lo stile di vita, o, ancora più semplice, di cui non erano più innamorate. L’amore non è un obbligo e non è un contratto, l’amore finisce qualche volta. Ma sembra che questo sia impossibile da accettare per un uomo. L’uomo non vuole essere lasciato da un oggetto che gli appartiene, un oggetto su cui è possibile fare di tutto: esibirlo o segregarlo, incrinarlo, romperlo, ignorarlo se così va il momento, per poi ridisporne a piacimento. Tanto l’oggetto è muto, deve solo subire la maschia decisione del suo padrone: essere dimenticato, preso, usato, rotto. L’oggetto non ha mica una sua volontà.

Allora il pensiero corre in India, dove una ragazza lotta per la vita dopo aver subito lo stupro e il massacro di sei uomini, che le hanno usato violenza mentre era su un autobus. Un autobus. La colpa di questa ragazza era stata senza dubbio di aver preso l’autobus, e chissà che balletto o spogliarello deve avere inscenato mentre andava sull’autobus per suscitare l’incontrollabile istinto del maschio. Magari avrà solo respirato. O guardato fuori dal finestrino, già imbarazzata di essere la sola donna su quel mezzo che pure doveva essere innocuo. La sua colpa era di trovarsi là. Sei uomini non hanno mica colpa se hanno usato la forza bruta, la violenza, l’odio, per portarla a un passo dalla morte dopo averle fatto cose che non si possone nemmeno immaginare.

Cosa dice il prete di fronte a tanto? Oserebbe sostenere che la ragazza aveva provocato i suoi aguzzini? Che avrebbe dovuto scendere alla prima fermata per non indurli in tentazione?

E che cosa dice il prete di una ragazza di 17 anni, che sempre in India, stuprata da tre uomini, si è suicidata perchè, per compensarla della violenza le veniva offerto, da parte della polizia, di sposare uno dei violentatori? Potrebbe dire di lei che ha sbagliato a rifutare l’occasione di «riparare» al suo peccato e che dunque ha fatto bene a togliersi la vita?

Io ho un’altra concezione di prete, o di sacerdote, o di uomini di Chiesa. Io immagino, e so che sono nel giusto perchè li ho conosciuti, esseri umani che non condannano, non esprimono giudizi, che sono a disposizione di tutti, che non fanno la morale a nessuno, che accettano il loro gregge per come è, che non fanno distinzione di sesso, pelle, età, politica, ceto sociale, e se la fanno è a favore dei più deboli. Esseri umani che vivono in mezzo alla società cercando di promuovere il bene, la fratellanza, l’amore, la dignità e il rispetto.

Io so che ci sono uomini di Dio fatti così. E purtroppo devo prendere atto che ce ne sono altri che non sono così.

Ma la questione femminile è grave, gravissima, e il fatto che un prete non la riconosca, e che anzi alimenti l’odio di genere è molto più che scandaloso. È un crimine.

Sono passati molti anni, e mi ritrovo ancora a combattere con la prevaricazione maschile e con i preconcetti a danno delle donne. Ne ho già parlato qui, e nulla cambia, nulla si muove, mi ritrovo a fare le stesse considerazioni. Sono molto, molto arrabbiata.

E di tutto questo cosa dice il prete, che è una cosa buona e giusta? Che l’uomo ha il diritto di fare alla donna e della donna quello che vuole, mentre le donne, le ragazze, le bambine non hanno alcuna voce, nessun diritto? Che anzi devono stare zitte e continuare a fare le serve, a tenere bassi gli occhi, a vestirsi da monache e a non parlare con gli altri uomini?

Ma qui, prete, non vige la parte peggiore dell’islam. E c’è da augurarsi che anche in quelle zone del mondo l’ignobile trattamento che le donne subiscono fin da piccole abbia fine.

Le donne sono persone, prete, come te, con una coscienza, una volontà, una intelligenza. Le donne sono diverse dagli uomini, ma hanno diritto alla stessa vita, perchè hanno la stessa dignità.

Non capisco, no. Non lo capivo allora, quando ero una bambina, una «femmina» con meno diritti dei maschi, e non lo capisco oggi. Cosa c’è di così difficile nel considerare le donne alla stessa stregua dei maschi? Cosa c’è di impossibile da capire quando si parla del loro diritto di libertà di vita, espressione, scelta, pensiero, che è semplicemente uguale al diritto degli uomini?

Perchè ci deve essere una legge che imponga le cosiddete «quota rosa» per consentire alle donne di lavorare nei posti importanti, quando invece dovrebbe essere normale?

Perchè, tanti perchè, tutti senza risposta.

Così non va.

Vorrei che il nuovo anno fosse un anno di rinascita sociale. Vorrei che fosse l’anno del riconoscimento dei diritti della donna e dei bambini. E non a parole, ma con i fatti quotidiani.

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